mercoledì 23 dicembre 2009

Il tuo riso

Quando vedo il riso dei tuoi occhi

grandi di cielo di montagna

limpida al mattino di una estate

lontana fresca della sua calura

verde smeraldo ricca e folta

mi trovo immerso nella felicità

della vita impossibile che non vivo...


Solo il tuo riso regala in me

le emozioni del vivere ridendo

giocando col vissuto passato

trascorso nascosto vero distaccato...


Rinvengo la gioia riflettendo

con una tazza di tè verde calda

sulla scrivania mia depositaria

di segreti formati di scritti

inventati dal dolore della ragione!


Questo è il tuo riso incolmabile

di dolcezza pura intima riposta

nutrente la curiosità d'amore

bramosa del tuo sapere arcano...


sabato 23 maggio 2009

DUBBIO

Signora Notte
come è dolce la calura
dell’aria questa sera,
già ti vedo scendere
con la tua coltre trasparente
al nostro rifugio.
Ho tante domande
e vorrei tue risposte.
Aiutami a capire
i limiti della conoscenza,
perché questo mondo
offusca le sue verità.

PERDONO

A te Signora Notte
faccio domande.
Perché non rispondi?
Perché mi nascondi?
Cosa c’è di vero nella Storia?
Qual è il Dio nostro?
Certo, sto abusando delle parole.
Si, ho sbagliato,
non dovrei sfogarmi
in questo modo.
Dio è l’Amore.
E tu sei, Signora Notte,
sua messaggera.
Non c’è soltanto Luce.

PAUSA

Se fermo il mio sguardo
nella mia stanza
quando non c’è più luce.

Se ascolto in cuor mio
la voce dell’anima
quando c’è silenzio.

Se apro gli occhi
e non vedo colori
ma vedo solo forme.

Allora capisco
s’è fatto tardi e il giorno
s’è spento tramontando il sole.

L’atmosfera è sublime,
diventa la mia estasi
posso interrogare la mia coscienza
e sforzarmi di accettare
il mondo e la sua storia.

VITA DI NOTTE

Non so perché.
Ma sento di vivere
di più nella notte.
È arduo
addormentarmi.
Non resisto
alle sue tentazioni.
Il dolce richiamo
del vento notturno
è come un canto
senza musica
che si ascolta
con la mente.
Ritrovo
me stesso
e non ho paura.

INCONTRO

Ricordi.
Attesi che giungesse
il velo lunare
per tornare a cercarti.
Ora, siamo al rifugio
nostro segreto.
Sono pronto ancora
ad accoglierti,
a parlarti.
Voglio
conoscere
anche il nulla.

martedì 28 aprile 2009

Io non mi sento italiano


Io non mi sento italiano

Giorgio Gaber

G. Gaber

(2003)

Io G. G. sono nato e vivo a Milano
Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Mi scusi Presidente
non è per colpa mia
ma questa nostra Patria
non so che cosa sia.
Può darsi che mi sbagli
che sia una bella idea
ma temo che diventi
una brutta poesia.
Mi scusi Presidente
non sento un gran bisogno
dell'inno nazionale
di cui un po' mi vergogno.
In quanto ai calciatori
non voglio giudicare
i nostri non lo sanno
o hanno più pudore.

Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Mi scusi Presidente
se arrivo all'impudenza
di dire che non sento
alcuna appartenenza.
E tranne Garibaldi
e altri eroi gloriosi
non vedo alcun motivo
per essere orgogliosi.
Mi scusi Presidente
ma ho in mente il fanatismo
delle camicie nere
al tempo del fascismo.
Da cui un bel giorno nacque
questa democrazia
che a farle i complimenti
ci vuole fantasia.

Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Questo bel Paese
pieno di poesia
ha tante pretese
ma nel nostro mondo occidentale
è la periferia.

Mi scusi Presidente
ma questo nostro Stato
che voi rappresentate
mi sembra un po' sfasciato.
E' anche troppo chiaro
agli occhi della gente
che è tutto calcolato
e non funziona niente.
Sarà che gli italiani
per lunga tradizione
son troppo appassionati
di ogni discussione.
Persino in parlamento
c'è un'aria incandescente
si scannano su tutto
e poi non cambia niente.

Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Mi scusi Presidente
dovete convenire
che i limiti che abbiamo
ce li dobbiamo dire.
Ma a parte il disfattismo
noi siamo quel che siamo
e abbiamo anche un passato
che non dimentichiamo.
Mi scusi Presidente
ma forse noi italiani
per gli altri siamo solo
spaghetti e mandolini.
Allora qui m'incazzo
son fiero e me ne vanto
gli sbatto sulla faccia
cos'è il Rinascimento.

Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Questo bel Paese
forse è poco saggio
ha le idee confuse
ma se fossi nato in altri luoghi
poteva andarmi peggio.

Mi scusi Presidente
ormai ne ho dette tante
c'è un'altra osservazione
che credo sia importante.
Rispetto agli stranieri
noi ci crediamo meno
ma forse abbiam capito
che il mondo è un teatrino.
Mi scusi Presidente
lo so che non gioite
se il grido "Italia, Italia"
c'è solo alle partite.
Ma un po' per non morire
o forse un po' per celia
abbiam fatto l'Europa
facciamo anche l'Italia.

Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo
per fortuna o purtroppo
per fortuna
per fortuna lo sono.

domenica 19 aprile 2009

da Antonio Gramsci, Gli intellettuali e l'organizzazione della cultura

Gli intellettuali sono un gruppo sociale autonomo e indipendente, oppure ogni gruppo sociale ha una sua propria categoria specializzata di intellettuali? Il problema è complesso per le varie forme che ha assunto finora il processo storico reale di formazione delle diverse categorie intellettuali. Le piú importanti di queste forme sono due: 1) Ogni gruppo sociale, nascendo sul terreno originario di una funzione essenziale nel mondo della produzione economica, si crea insieme, organicamente, uno o piú ceti di intellettuali che gli dànno omogeneità e consapevolezza della propria funzione non solo nel campo economico, ma anche in quello sociale e politico: l'imprenditore capitalistico crea con sé il tecnico dell'industria, lo scienziato dell'economía politica, l'organizzatore di una nuova cultura, di un nuovo diritto, ecc. ecc. Occorre notare il fatto che l'imprenditore rappresenta una elaborazione sociale superiore, già caratterizzata da una certa capacità dirigente e tecnica (cioè intellettuale): egli deve avere una certa capacità tecnica, oltre che nella sfera circoscritta della sua attività e della sua iniziativa, anche in altre sfere, almeno in quelle piú vicine alla produzione economica (deve essere un organizzatore di masse d'uomini; deve essere un organizzatore della «fiducia» dei risparmiatori nella sua azienda, dei compratori della sua merce ecc.). Se non tutti gli imprenditori, almeno una élite di essi deve avere una capacità di organizzatore della società in generale, in tutto il suo complesso organismo di servizi, fino all'organismo statale, per la necessità di creare le condizioni piú favorevoli all'espansione della propria classe - o deve possedere per lo meno la capacità di scegliere i «commessi » (impiegati specializzati) cui affidare questa attività organizzatrice dei rapporti generali esterni all'azienda. Si può osservare che gli intellettuali «organici» che ogni nuova classe crea con se stessa ed elabora nel suo sviluppo progressivo, sono per lo piú «specializzazioni» di aspetti parziali dell'attività primitiva del tipo sociale nuovo che la nuova classe ha messo in luce. Anche i signori feudali erano detentori di una particolare capacità tecnica, quella militare, ed è appunto dal momento in cui l'aristocrazia perde il monopolio della capacità tecnico-militare che si inizia la crisi del feudalismo. Ma la formazione degli intellettuali nel mondo feudale e nel precedente mondo classico è una quistione da esaminare a parte: questa formazione ed elaborazione segue vie e modi che occorre studiare concretamente. Cosí è da notare che la massa dei contadini, quantunque svolga una funzione essenziale nel mondo della produzione, non elabora propri intellettuali «organici» e non «assimila» nessun ceto di intellettuali «tradizionali», quantunque dalla massa dei contadini altri gruppi sociali tolgano molti dei loro intellettuali e gran parte degli intellettuali tradizionali siano di origine contadina. 2) Ma ogni gruppo sociale «essenziale» emergendo alla storia dalla precedente struttura economica e come espressione di un suo sviluppo (di questa struttura), ha trovato, almeno nella storia finora svoltasi, categorie intellettuali preesistenti e che anzi apparivano come rappresentanti una continuità storica ininterrotta anche dai piú complicati e radicali mutamenti delle forme sociali e politiche. La piú tipica di queste categorie intellettuali è quella degli ecclesiastici, monopolizzatori per lungo tempo (per un'intera fase storica che anzi da questo monopolio è in parte caratterizzata) di alcuni servizi importanti: l'ideologia religiosa cioè la filosofia e la scienza dell'epoca, con la scuola, l'istruzione, la morale, la giustizia, la beneficenza, l'assistenza ecc. La categoria degli ecclesiastici può essere considerata la categoria intellettuale organicamente legata all'aristocrazia fondiaria: era equiparata giuridicamente all'aristocrazia, con cui divideva l'esercizio della proprietà feudale della terra e l'uso dei privilegi statali legati alla proprietà. Ma il monopolio delle superstrutture da parte degli ecclesiastici non è stato esercitato senza lotta e limitazioni, e quindi si è avuto il nascere, in varie forme (da ricercare e studiare concretamente), di altre categorie, favorite e ingrandite dal rafforzarsi del potere centrale del monarca, fino all'assolutismo. Cosi si viene formando l'aristocrazia della toga, con suoi propri privilegi, un ceto di amministratori, ecc.; scienziati, teorici, filosofi non ecclesiastici, ecc. Siccome queste varie categorie di intellettuali tradizionali sentono con «spirito di corpo» la loro ininterrotta continuità storica e la loro «qualifica», cosí essi pongono se stessi come autonomi e indipendenti dal gruppo sociale dominante. Questa auto-posizione non è senza conseguenze nel campo ideologico e politico, conseguenze di vasta portata: tutta la filosofia idealista si può facilmente connettere con questa posizione assunta dal complesso sociale degli intellettuali.

lunedì 13 aprile 2009

Il mio dolore per la mia Abruzzo.

Caro direttore,

Porto dentro di me il dolore per la mia terra che sta soffrendo per causa sì, di un terremoto, ma anche per colpa di tante mancanze del nostro Stato per la nostra sicurezza.

Perché bisogna spargere sangue per dire agli italiani che tutto non funziona e per dire "ricostruiremo subito e meglio"?

Perché siamo tutti così stupidi, perché non facciamo niente per cambiare questa italia e accettiamo che i nostri figli muoiano?


Sono un giovane abruzzese di 25 anni e da due mesi vivo in Germania dove mi sono trasferito. Ciò che sorprende me, ma soprattutto la mia ragazza tedesca, è stata l'affermazione pubblica del capo del governo e dei suoi ministri riguardo al fatto che in italia ci sono migliaia di scuole a rischio crolli (con terremoti e non) più altri edifici pubblici. Lei, da tedesca, ha subito detto (forse con ingenuità ma anche tanta saggezza): "Ma perché i genitori italiani continuano a mandare i loro figli nelle scuole avendo saputo dallo "stato" (e non da un pinco pallino qualunque), che le scuole crollano e non sono sicure?" ed ha poi aggiunto "Se in Germania, un politico va in tv e facesse un'affermazione del genere, il giorno dopo nessun genitore manderebbe i figli a scuola!"

Perché per noi italiani non avviene questa ovvia osservazione. Perché non ci fermiamo tutti! E poi vediamo se non mettono a norma gli edifici. Cosa è importante per un cittadino italiano? A cosa pensa quando parla di sicurezza? Ché i problemi dell'Italia siano i rumeni?

Ancora una volta mi trovo a fare delle considerazioni negative sulla mia Italia, ma ormai ho deciso che non userò più questa espressione "Italia", ma voglio usare "italiani", tutti, me compreso. Soprattutto parlo per me, io che ho dovuto lasciare tutto e scappare via. Quasi come un vigliacco. Ma non ce la facevo più ad accettare tanta stupidità, tanta mancanza di buon senso. È questo che manca agli italiani, il buon senso.
Non è possibile dire che adesso, dopo che città crollano e 300 persone muoiono con tutto ciò che comporta, gli italiani sono solidali, dimostrano grande spirito di solidarietà di unità nazionale!!! È dov'era questo spirito una settimana, un anno, anni fa? Siamo sempre i soliti, pronti a pararci il culo quando ci fa comodo. E come se fosse una cosa del tutto eccezionale, si è usata la tragedia anche per dire che "tutti abbiamo responsabilità, tutti siamo colpevoli" addirittura dal capo dello stato. Ma questi, pensano che siamo tutti scemi. Non pensano che, forse, esistano persone che hanno ancora un po' di buon senso? Se nessuno del mondo politico, o comunque della grande informazione di massa, nota queste cose, continuano a fare ciò che hanno sempre voluto fare. Vogliono "de-responsabilizzarci". Diventa soltanto una sporca maniera per prendere consensi.

Io non ce la faccio più. Non sopporto più questa ingiustizia contro l'onestà intellettuale. Ma è possibile che solo ora ci si rende conto che "dobbiamo costruire bene i nostri edifici". Solo ora si sa come funziona il mercato edilizio? Solo ora sembra così esplosiva la notizia che il cemento non era buono, che i ferri erano quelli sbagliati, che tutto era stato condonato. Ma come è possibile! Mi fa schifo questa gente! Questa cultura mafiosa di negare l'evidenza.

Caro direttore, perdoni questo mio sfogo ma ne avevo bisogno. Comprendo sempre di più che siamo un paese in cui la gente non pensa più a niente. Nel senso che non pratica più autocritica della propria coscienza.

Qui in Germania, almeno questo, esiste. La gente pensa e non si fa frecare (per lo meno dallo Stato, anche se adesso la mafia calabrese è entrata anche qui).

Io spero soltanto di studiare qui in Germania, perfezionarmi come studioso e come cittadino, per poter contribuire a trasmettere queste semplici regole del buon vivere insieme a tutti i miei fratelli italiani.

Solo questo posso fare nel mio piccolo. Io qui sto imparando ad essere responsabile delle mie azioni verso la collettività. Ciò che manca in Italia e, i tragici eventi dell'Abruzzo, ne sono la massima e peggiore espressione.

Un'ultima cosa che mi preme dire, che mi brucia lo stomaco dal momento in cui l'ho sentita. Ma come si fa a far passare ciò che è stato detto dal capo del governo e dal suo stretto ministro interessato "abbiamo 16 milioni di euro per ricostruire la casa dello studente". Ma siamo pazzi?!!! Perché nessuno dice niente! Dopo una politica di taglio dei fondi all'università. Dopo che una struttura regionale per l'università crolla ammazzando studenti e distruggendo intere famiglie, bastano 16 milioni di euro per ricostruire bene e meglio! E prima? Dov'erano quei soldi per consolidare e dunque salvare quelle vite innocenti!!! Come si fa a rimanere impotenti dinanzi a queste cazzate mediatiche da parte dello Stato?!!! Chi andrà a studiare a l'Aquila?! Non si sa il tempo che ci vuole! E come si fa dire che "ricostruiremo la casa dello studente" senza farsi un minimo di esame di coscienza per il rispetto dei morti e delle famiglie!!! Ma cazzo! È crollata!!!!
Crollata!!! Crollataaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!

Io non so più che dire. O sono io scemo che faccio queste osservazioni o sono scemi tutti gli altri che non le fanno. Vie di mezzo non ce ne sono.